UN MECCANISMO GLACIALE: “IL PADRONE” DI GOFFREDO PARISE

Mi sono avvicinato al romanzo “Il padrone” di Goffredo Parise, stizzito e affascinato dalla lettura di libri come “Sillabari” e “Il crematorio di Vienna”, in cui si trova una scrittura eccellente del tipo che sopporto poco. Stizzito perché ci sono frasi come questa, in cui intravedo un eccesso di vanità dello scrittore: “Una qualità degli organi visivi, non si sa se ricettiva o emanante, per cui l’occhio si ferma su un oggetto con tale rapimento da avvicinarsi all’astrazione, tanto perfetta e limpida è l’immagine che vi si specchia: in realtà la liquida e vorace sfera che comprende l’immagine attira in modo impercettibile, ma costante e fatale, l’oggetto specchiato, diminuendo fino ad eliminarla la distanza che li separa.” Affascinato perché, in alcuni passaggi, Parise smette di guardarsi allo specchio e si dimostra capace di toccarmi in profondità con il suo bisturi affilato.

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